Le fonti, per un giornalista, sono come le chiavi inglesi per un meccanico. Bisogna averle, per lavorare. All’origine di ogni notizia non c’è il giornalista (a meno che non sia personalmente presente ai fatti) ma la fonte che la trasmette. Agli albori del mestiere le fonti erano poche e il problema del giornalista era di scovarne abbastanza da riempire il giornale. Oggi, al contrario, le fonti dell’informazione sono migliaia, come rubinetti sempre aperti, e il problema della maggior parte dei giornalisti è diventato quello di selezionare e verificare la massa delle notizie in arrivo dalle fonti.
Ecco una frase celebre sul giornalismo di Theodore Dreser
Pensate alle fonti cui attinge un giornale quotidiano, anche il più piccolo: la rete di internet, le agenzie di stampa, le agenzie fotografiche, i notiziari radiofonici e televisivi, la questura cittadina, gli ospedali, i corrispondenti locali, una miriade d’uffici stampa che cercano di vendere notizie come venderebbero una crema per il viso. A tutte le fonti tradizionali di notizie si affianca prepotentemente la rete di internet e dei social network come Twitter in grado di offrire in tempo reale aggiornamenti e news. Una volta, se avessi voluto scrivere un pezzo biografico sul presidente della Repubblica italiana, sarei dovuto scendere nell’archivio del giornale, o attingere al mio personale. Oggi, digitando nome e cognome nell’apposita finestra di un buon motore di ricerca troverò, in pochi istanti, decine di migliaia di siti in cui se ne parla. Il problema sarà scegliere, tra le notizie, quelle più interessanti e attendibili. Il rischio è che alla fine mi manchino il tempo e la forza di telefonare agli amici e ai collaboratori del presidente, per avere notizie da fonti di prima mano. Cosicché, alla fine, avrò probabilmente scritto il mio pezzo con i materiali che tutti possono avere, presi sul web, e il mio pezzo sarà simile a tutti gli altri.